Charles Leclerc campione
Charles Leclerc diventerà mai un campione in Formula 1? Abbiamo provato a rispondere a questa domanda assieme a Fabiano Vandone.

Dopo il suo debutto in F1 nel 2018 e l’appellativo di “Predestinato”, ci si chiede se Charles Leclerc diventerà mai un campione del mondo di Formula 1. Con Fabiano Vandone, ospite in esclusiva durante l’ultima puntata di Paddock GP, abbiamo cercato di rispondere a questa domanda.

Charles Leclerc sarà un campione del mondo? Qual è la differenza tra essere eccellenza ed essere campione?

Dopo il Gran Premio di Arabia Saudita abbiamo assistito ad un secondo podio stagionale per la Scuderia Ferrari, il primo per Charles Leclerc, il talento monegasco che tutti vorrebbero vedere giocarsi il titolo mondiale con Max Verstappen. Ma la dura realtà dice ben altro. Sarà l’auto migliorata rispetto alla stagione passata eppure poco performante, aggiungiamoci anche una Red Bull RB20 ancora più inavvicinabile rispetto alla sorella maggiore, ma Leclerc anche in questa stagione non riesce ad avere quello spunto necessario per farsi calzare a pennello l’appellativo di “Predestinato” che tutti in Italia gli hanno attribuito dal 2018, forse senza domandarsi nemmeno il perché, imitando semplicemente a mo’ di pappagallo le parole di altre persone. 

È vero, valutare un pilota dopo solo due gare è forse troppo presto per segnare il quadro completo di un’intera stagione che potrebbe prendere tantissime pieghe diverse, visto l’incredibile mole di appuntamenti che condiranno la stagione di Formula 1 che ci farà compagnia fino all’8 dicembre, così come potrebbe rimanere tutto invariato. Ma da soli due appuntamenti abbiamo notato come l’eccezionale pilota Charles Leclerc pare non avere la stoffa, almeno al momento, per diventare un blasonato campione del mondo al pari di Hamilton o Verstappen. L’avvio in Bahrain è stato traumatico per il numero 16 della Scuderia Ferrari: un problema ai freni lo ha costretto alla quarta posizione finale sotto la bandiera a scacchi – dopo una brillante qualifica che lo faceva partire dalla seconda piazza – accusando duramente lo scontro col compagno di squadra Sainz – quinto alla partenza –  in un duello ruota a ruota alla staccata di Curva 1 che non ha lasciato via di fuga a Leclerc, a favore di un Carlos molto aggressivo, classico di un pilota che non ha ormai nulla da perdere.

Photo Credit: Scuderia Ferrari Media Center

Ma l’episodio più cruento, fino ad ora, si è verificato proprio a Jeddah, sede del Corniche Circuit in cui l’arrembante Oliver Berman, ancora fresco di latte e Formula 2, si è calato nell’abitacolo della Ferrari SF-24 facendo segnare nelle Prove Libere 3 un tempo di appena otto decimi più lento di quello di Leclerc. Una differenza cronometrica abissale se il tuo compagno di squadra è un tuo “pari”, ovvero un pilota con più o meno la tua stessa esperienza di guida al volante e familiarità con la tua stessa monoposto. Ma se il pilota in questione non ha mai guidato la tua stessa vettura, corre sullo stesso sedile preso dalla sua Formula 2 e per di più inizia a girare su un circuito tecnico e veloce come Jeddah, telemetria alla mano un paio di domande saltano sicuramente fuori, perché la differenza di tempo tra un “predestinato” ed un normale pilota, non classificabile neanche come rookie, ma semplice sostituto, deve essere più ampia che di soli otto decimi. 

A questo punto bisogna chiedersi se Leclerc sia davvero il pilota campione che tutti si aspettano in Italia, quello stesso pilota tanto osannato nel 2019 a Monza mentre riusciva a tenere a bada, su una SF-90 molto pompata, Lewis Hamilton? Dove sta quel limite che sancisce la differenza tra un fuoriclasse, un’eccellenza, ad un campione vero e proprio del calibro di Verstappen o Hamilton? Questa differenza ha provato a spiegarcela Fabiano Vandone, durante l’ultima puntata di Paddock GP.

Charles Leclerc campione
Photo Credit: Scuderia Ferrari Media Center

“Premetto che stiamo parlando dell’eccellenza, in assoluto dei migliori piloti sotto tutti i punti di vista. Leclerc non sarebbe in Ferrari se non fosse così tanto bravo. Esiste poi tra l’eccellenza e il campione uno step diverso che non è tanto legato a quanto veloce uno possa andare, ma a quanto si riesca a portare la macchina avanti per essere ancora più veloce. Faccio un esempio: sono convinto che se prendiamo i primi cinque piloti della Formula 1 di oggi e gli diamo cinque Go Kart o cinque macchine di Formula 1, tre ore di tempo non possono toccare niente, probabilmente su una pista da un minuto e mezzo non riusciremo a vedere un decimo di differenza tra Leclerc, Verstappen o Hamilton perché sono tutti fortissimi e vanno forte. Se si dà la possibilità ai piloti di lavorare sulle macchine vengono fuori le differenze non tanto su quel fatidico giro da una qualifica, perché nel giro di qualifica io riesco a mascherare tutto con la gomma nuova rossa e mi taglio tutti i problemi. Sono tutti fuoriclasse tali capaci di fare questi lavori”.

“Il problema vero tra i piloti è fare lo step successivo: il campione capisce che quella performance la devo fare in maniera continuativa in qualifica è bello far la Pole, ma poi i punti si fanno in gara. Quindi tutte le prestazioni, il bilanciamento, l’inserimento curva e la motricità bisogna fare in modo di replicarlo più volte al giro in gara. Allora a quel punto devo iniziare non più a dire: «Mi affido soltanto sulla mia grandissima maestria» , ma devi iniziare a fare degli effetti o una base vettura che sia in grado di replicare il giro da quali qualifica o avvicinarsi a questo più spesso possibile perché così anche con le gomme consumate riesco a mantenere un decimo o due decimi di vantaggio ad ogni giro perché riducono ulteriormente delle coperture, e per farlo devo avere una vettura che comunque in qualifica è  perfettamente bilanciata”.

Photo Credit: Scuderia Ferrari Media Center

“La vera differenza diventa quel punto il campione che ha una visione più ampia ed è in grado di lavorare insieme agli ingegneri, esporre i suoi problemi e direzionare nel modo corretto lo sviluppo della macchina. Questo vuol dire ottenere prestazioni e soprattutto allungare la vita delle coperture. La differenza tra il campione ed il pilota è quella. Quindi i primi giri con gomma nuova sono tutti vicini a succhiarsi la scia, dopo vedo la differenza. Il grande campione è quello che riesce a fare questo tipo di lavoro collaborando col team arrivando a capire la base tecnica che ha a disposizione e cercare di cucirsi la macchina addosso per replicare ed estrarre il massimo potenziale e per replicare più volte al Giro la massima prestazione sostenibile delle gomme”.

Qui non si vuole essere i Marco Canseco della situazione, né aizzare i giovani Leclerchini ammiratori del giovane monegasco poiché lo stesso percorso lo ha attraversato anche Max Verstappen, mettendo la parola “Fine” ad una mediocre serie di eventi dal GP di Monaco del 2018 in poi. Lì è scattato qualcosa nella testa dell’olandese permettendogli di fare quello switch mentale che lo ha tarato per diventare un campionissimo destinato al titolo mondiale. Adesso, ci si chiede quale spiacevole evento dovrà attraversare Charles Leclerc per fare quello switch in grado di fino a fargli raggiungere il suo primo titolo mondiale, semmai ci sarà. 

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Raffaello Caruso

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