tifo in f1
Il tifo in F1 è cambiato, con un nuovo pubblico non sempre dimostratosi corretto. Ma quello di oggi può davvero essere definito tifare?

In tutto il mondo dello sport, F1 dunque compresa, il tifo rappresenta un fattore fondamentale. Avere il cosiddetto pubblico di casa o comunque qualche sostenitore tra prati e tribune, infonde quella sensazione di sicurezza sempre utile a chi in pista ci corre. Non sempre però ciò che avviene tra il pubblico può essere definito vero e proprio tifo perché, come in ogni cosa, alcuni limiti non dovrebbero mai essere valicati.

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Tifo in F1 sempre più simile a quello “da stadio”?

Il mondo cambia, portando alla luce le nuove scoperte che ad oggi fanno normalmente parte delle nostre vite. Ciò che prima si poteva ascoltare solo attraverso una radio o leggere sul giornale del giorno dopo, oggi è invece sotto il costante controllo di ogni singola persona. La F1, in questo senso, non è rimasta immune da tali cambiamenti; pay tv e social network permettono infatti di vivere questo mondo in maniera costante attraverso quelle finestre che si aprono sul piccolo schermo.

Le nuove tecnologie hanno così permesso un altrettanto nuovo avvicinamento a questo sport. Nuovi tifosi, molto giovani e forse diversi da quelli a cui la classe regina del motorsport era abituata; il pubblico ha infatti imparato a conoscere team e piloti attraverso post, stories e tweet; piccoli momenti di vita o brevi pensieri, più o meno costruiti, che però tralasciano l’importanza della storia della F1. Un pensiero, questo, che ha trovato voce nelle parole di Fernando Alonso.

tifo f1
Photo Credit: F1 Twitter

“I tifosi che abbiamo ora sono nuovi e, senza mancare di rispetto, non sanno molto di F1. Sono più simili a quelli del calcio: chi vince è il più bravo, mentre chi arriva ultimo non è all’altezza. Non capiscono molto di prestazioni o dei pacchetti utili alle vetture. È una sorta di montagna russa: quando fai un buon weekend, sembri Dio, altrimenti sei troppo vecchio, o troppo giovane, o qualsiasi altra cosa. Fasi che tutti abbiamo attraversato o che ancora dobbiamo vivere. Adesso i tifosi guardano la gara, si fanno un’idea, e poi spengono la tv fino a quella successiva. Non c’è più una vera cultura della F1”. – Fernando Alonso

La linea sottile tra tifare e insultare

Negli ultimi anni si è notato come in ogni sport il pubblico abbia cambiato il proprio atteggiamento. Molestie, fischi, insulti ed esultanze poco corrette sembrano infatti arrivate a toccare ogni tipo di campo, o pista, su cui si disputa una competizione. Chi vince diventa l’eroe, chi perde si trasforma nell’incapace di turno e chi resta nel mezzo subisce comunque critiche, perché sicuramente poteva fare meglio. I numeri e le storie del passato sembrano dunque non contare più, trasformando così lo sport in un semplice momento che dura il solo evento.

Photo Credit: F1 Twitter

Tutto questo dimenticare è inoltre condito da un tifo detto “da stadio” e non più da quel pubblico in cerca di un luogo sicuro in cui respirare emozioni. I social network hanno permesso a molti di avvicinarsi alla F1, così come la serie Drive to Survive, dimenticandosi però di insegnare ciò che è realmente questo sport. Una storia. Il pubblico sembra volere il dramma, lo scontro per il quale dire “Io c’ero” e non una vera storia da raccontare. La libertà dei social ha poi portato oltre il limite quello che forse all’inizio poteva essere tifo; dagli insulti gratuiti alle minacce ai piloti, spezzando così quella linea sottile, oggi valicata troppe volte.

La parola sport porta con sé il solo significato di divertimento e tifare dovrebbe voler dire sostenere, non attaccare. I leggeri sfottò che esistono in ogni disciplina male non hanno mai fatto, creando quel senso di appartenenza e di sana competizione; i limiti però spesso vengono oltrepassati, oscurando quella magica sensazione e trasformandola in qualcosa di pesante, offensivo, lontano da quel divertimento racchiuso nella parola sport.

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Photo Credit: F1 Twitter

Ma questo nuovo modo di sostenere può essere davvero definito tifo? Può davvero far parte di quella magia, di quella sensazione unica che una pista o un campo possono dare? Forse no, non è questo il tifo che la F1 ha vantato e vuole vantare nella sua storia. E la colpa questa volta non è della Federazione, di una vettura sbagliata o di un pilota bollito. La colpa, questa volta, è solo nostra, di quel semplice pubblico forse non più in grado di capire che la vera magia arriva prima di tutto da ciò che vuol dire essere parte di quelle tribune, di quei prati, della storia di quello sport.

Ascolta Paddock GP

Ascolta l’ultima puntata di Paddock GP in cui Raffaello Caruso, Chiara Zambelli e Gabriele Bassi hanno commentato il GP di Francia assieme all’autore Luca Dal Monte.

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Chiara Zambelli

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