Il 20 maggio dal 1973 il motociclismo agonistico perde gli iconici Renzo Pasolini e Jarno Saarinen sul tracciato di Monza

Lo scellerato GP di Monza del 1973 è passato alla storia per la perdita di Jarno Saarinen e Renzo Pasolini in una carambola infernale che sconvolse l’opinione pubblica. Pur non essendo l’ultima tragedia evitabile, contribuì alla presa di coscienza che, solo anni più tardi, le avrebbe rese delle eccezioni e non più la regola.

Saarinen e Pasolini complementari e opposti

L’ingegnere Jarno Saarinen capisce di saper guidare sfrecciando tra le vie di Turku con il carro funebre di famiglia. Dopo una parentesi nello speedway su ghiaccio e alcune vittorie locali con le moto da lui stesso preparate, prende moglie e carro e tenta il grande salto in campo internazionale. Una volta ottenuto l’appoggio della Yamaha Finlandia, i risultati non si fanno attendere.

Brillante per le capacità di set-up e la guida innovativa ed efficace, porta in voga il “piedino di sicurezza” in staccata ed il sedere spostato in piega. Nel ‘72 si laurea campione del mondo 250 e vice campione 350 bissando l’anno precedente. Il 1973 potrebbe essere l’anno di Saarinen che a inizio stagione ha già 5 vittorie proprio nel periodo in cui nel mondo del motociclismo risuona un solo nome: quello di Giacomo Agostini.

Il bresciano pluri iridato ha infatti già all’attivo 12 titoli mondiali e la sua egemonia potrebbe essere scalfita solo dal finlandese e da un altro pilota: l’italiano made in Romagna Renzo Pasolini. Il riminese dai grandi occhiali è l’idolo delle folle. Di giorno lo si può vedere nel box accovacciato sulla moto in una nuvola di nicotina, la notte a far festa nei locali della riviera. In pista, come nella vita, vive di istinto e porta la moto in un modo tutto suo, come se percorresse ogni gara, ogni curva sul filo della caduta.

renzo pasolini
Photo Credit: Pinterest

Questa incostanza gli farà perdere più di un titolo mondiale, nel ’69 e ’72 in classe 250, ma mai l’entusiasmo del pubblico nei suoi confronti. Il 1973 potrebbe essere l’anno di Pasolini, contro Agostini e Saarinen, in sella ad una nuova e competitiva Harley Davidson.

20 maggio 1973: i fatti precedenti alla tragedia

Il GP delle Nazioni del 1973 verrà disputato su una Monza in pessime condizioni. Il manto stradale, riasfaltato, presenta significative irregolarità soprattutto in fase di impostazione di curva tanto che alla vigilia Saarinen se ne lamenta con gli organizzatori. I vicini guard-rail, aspramente criticati da Agostini, sono tappezzati di balle di fieno. Poche ore prima della tragedia, alla fine della gara delle 350, la Benelli di Walter Villa semina due litri d’olio in pista lungo la prima curva ed a ciò non segue una segnalazione ufficiale.

giacomo agostini
Photo Credit: motogp.com

I giornalisti che vogliono farlo notare vengono allontanati dalle forze dell’ordine mentre alcuni piloti riescono ad avvisare pochi colleghi che da lì a poco disputeranno la gara delle 250. Pasolini ha duellato durante la precedente gara con Agostini ma non sa dell’olio in pista, essendosi ritirato prima dell’accaduto per un grippaggio. Si giungerà inspiegabilmente alla partenza della quarto di litro senza eseguire il giro di ricognizione.

L’ultima curva di Saarinen e Pasolini

Dopo la dura battaglia con Agostini di qualche ora prima, Pasolini giunge stanchissimo al via ma, nonostante la partenza a spinta, va in testa e si appresta ad affrontare il primo tornante mentre Saarinen perde qualche posizione. Alle 15.15 la gara ed il futuro di due campioni si fermano alla Grande Curva destrorsa di Monza. La moto di Pasolini perde aderenza ed impatta violentemente contro le barriere incendiando il fieno per poi ritornare in pista ed investire in pieno Saarinen andando ad innescare una carambola mortale che coinvolge in totale una dozzina di malcapitati.

incidente GP Monza 1973
Photo Credit: Twitter

Non vedendo arrivare nessun pilota nella zona successiva, sugli spalti e dal microfono di Mario Poltronieri cala un silenzio angosciante. I primi soccorsi arrivano dopo 15 interminabili minuti, il mezzo antincendio dopo più di venti, e si trovano davanti una scena apocalittica e la disperazione dei sopravvissuti. Sarà un giovane dottor Costa a tentare di rianimare Pasolini fino allo svenimento avendo intuito che per Saarinen non c’è nulla da fare.

Le cause dell’incidente

L’opinione pubblica non si dà pace dopo una tragedia di tali proporzioni. Il tribunale di Monza richiede a gran voce una perizia tecnica sulle cause dell’incidente. La versione ufficiale sarà grippaggio di un pistone della Harley Davidson di Pasolini e questa resterà per un po’ la risposta a cotanta negligenza. Oggi, come già sollevato all’epoca da taluni piloti e spettatori, sappiamo che la moto del riminese perde l’anteriore, forse per la gomma fredda, forse per l’olio in pista, ma senza la svirgolata consueta della posteriore conseguente ad un grippaggio. In più è noto che curva 1 si affronta in pieno per lanciarsi verso le due Lesmo, per cui un grippaggio col motore in tiro risulta improbabile. L’amara verità è che Pasolini e Saarinen sono morti per negligenza.

Monza continua a macchiarsi di sangue

Se ciò non vi avesse ancora indignati, sappiate che da tutta quella sofferenza e lo sdegno sociale non ne uscì nulla di buono. Nulla che, quaranta giorni dopo, potesse impedire la morte nello stesso punto e con la stessa dinamica di Renato Galtrucco, Carlo Chionio e Renzo Colombini, in una gara del campionato juniores. A quel punto le perdite sono veramente troppe, la responsabilità degli organizzatori è intollerabile ed il circuito viene messo al bando da tutte le competizioni.

Cosa ci ha insegnato la sofferenza di quegli anni

Ormai è chiaro che le corse non solo sono pericolose ma possono rivelarsi mortali. I piloti non possono essere considerati alla stregua di saltimbanchi e carne di macello. Eppure altri ancora lasceranno la propria vita sull’asfalto e bisognerà attendere i primi anni ’90, quando Dorna inizia a gestire il settore commerciale del motociclismo, per vedere una seria e oculata messa in sicurezza dei circuiti. Che si sia trattato di marketing (le tragedie non danno un buon ritorno di immagine) o di presa di coscienza, poco importa. Quel che importa è che i piloti non debbano temere nell’esercizio di quella che è la loro professione, la loro e nostra passione, per non dover più affermare: “Sono un sopravvissuto”.

carmelo ezpleleta ceo dorna
Photo Credit: motogp.com

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Pamela Visconti

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