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Durante le FP1 del GP dell'Arabia Saudita, un attacco missilistico su uno stabilimento Aramco ha destato timore. Cosa c'è dietro all'attacco?

Paura e tensione nella giornata di venerdì 25 marzo, quando durante la prima sessione di prove libere sul circuito di Jeddah, si è visto levarsi un fumo nero all’orizzonte. Un attacco missilistico, poi rivendicato da un gruppo di ribelli Houthi, ha infatti colpito uno degli impianti petroliferi della fabbrica Aramco nel primo giorno di attività del GP dell’Arabia Saudita. Ma cosa c’è dietro a questo attacco?

Fumo all’orizzonte durante le libere a Jeddah: guardate qui il video

GP Arabia Saudita: attacco alla fabbrica Aramco durante le FP1 a Jeddah

La prima giornata di attività in pista non è stata all’insegna della normalità per la F1; durante lo svolgimento della prima sessione di prove libere, il Circus ha infatti vissuto dei momenti di tensione. Un fumo nero si è innalzato in un orizzonte non troppo lontano dal circuito cittadino di Jeddah, elemento che ha messo subito in allarme tutti; a poco più di 20 km dal tracciato è infatti andato in scena un attacco missilistico che ha causato un incendio in uno degli stabilimenti di Aramco.

L’attacco all’impianto, uno dei tanti di proprietà del gigante saudita, è stato poi rivendicato dagli Houthi, gruppo sciita ribelle dello Yemen, in guerra con l’Arabia Saudita, territorio sunnita. La vicenda vissuta durante le prove libere non è però la prima della settimana; quattro attacchi sono infatti stati registrati nella giornata di domenica, uno dei quali sempre sullo stabilimento di Aramco. Il colosso saudita è infatti una delle più grandi compagnie petrolifere al mondo, quasi totalmente di proprietà del governo, nonché partner sia della F1 che della scuderia Aston Martin. L’attacco, non è però un episodio isolato, ma l’ultimo di una serie che nasconde una guerra che prosegue intensamente dal 2015.

La decisione sul GP dell’Arabia Saudita dopo ore di discussione

Sciiti e Sunniti: una guerra tra Yemen e Arabia che dura da 7 anni

La guerra dello Yemen ha origini ben più lontane da quel marzo 2015, quando la situazione è inevitabilmente precipitata. Il conflitto ha infatti inizio nel 2011, nella cosiddetta primavera araba, quando il presidente dello Yemen, Saleh, è costretto a cedere il potere a Hadi; la situazione in Yemen precipita, con molti attacchi e agitazioni che al tempo toccarono anche la F1, costretta ad annullare il GP del Bahrain.

Nel settembre 2014 il movimento ribelle degli Houthi prende il controllo delle provincie a nord di Saana, capitale dello Yemen e qualche mese dopo la situazione si aggrava; a marzo del 2015, l’Arabia Saudita appoggiata da altri stati per lo più sunniti, attacca gli Houthi per via aerea. Da allora tra le due fazioni non c’è pace, con continui attacchi volti a indebolire le risorse vitali del nemico, come nel caso di Aramco, stabilimento petrolifero e potenza saudita.

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Il fumo che si innalza dallo stabilimento Aramco colpito durante le FP1 in Arabia Saudita – Photo Credit: ANSA Official Twitter Account

Nella giornata di domenica 20 marzo sono stati registrati quattro attacchi, tutti ad impianti importanti come una centrale elettrica e uno stabilimento di gas. Il gruppo ribelle degli Houthi ha inoltre, negli anni, preso di mira l’aeroporto saudita che ha costretto l’Arabia ad una risposta, visto l’attacco ad un luogo frequentato da civili. Gli sciiti, appoggiati da Iran e da milizie libanesi nonostante la loro negazione, volgono verso quei punti che generano risorse importanti per l’Arabia Saudita. La F1 non sembra rientrare in questo conflitto, nonostante altri paesi ne facciano parte come Emirati Arabi e Qatar; ma fino a quanto il Circus potrà correre questo rischio?

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Chiara Zambelli

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